Il valore della Memoria. Quarantatre anni fa a Dachau
«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Con l’istituzione del Giorno della Memoria migliaia di studenti accompagnati dai docenti hanno incontrato i coetanei europei nei campi di concentramento di Mauthausen in Austria, di Auschwitz-Birkenau e di Treblinka in Polonia, di Bergen-Belsen, di Flossemburg e di Dachau in Germania, di Theresienstadt nella Repubblica Ceca, della Risiera di San Sabba e di Fossoli in Italia e in tanti altri campi, minori per dimensione ma non per ferocia, sparsi in ogni parte del continente occupata dai nazisti.
Nella mente di quei ragazzi le sequenze indimenticabili di decine di film da “Il Pianista” del 1992 a “Schindler’s List” del 1993, da “La vita è bella” del 1997 a “Storie di una ladra di libri” del 2013 a “La Signora dello zoo di Varsavia” del 2017. Un “Erasmus” della memoria che ha segnato una generazione di giovani europei e reso meno amaro il disagio di vivere dei sopravvissuti, con le carni marchiate per sempre dal tatuaggio del numero di matricola assegnato loro all’ingresso nei campi.
Decine di migliaia di studenti europei sono però una cifra che accende dubbi lancinanti: quanti tra di essi, oggi adulti, militano tra le fila dei movimenti negazionisti, sovranisti se non addirittura neo nazisti che costellano come funghi avvelenati il continente europeo? Quanti tra di essi inneggiano oggi a Vladimir Putin, a Recep Tayyp Erdogan, a Victor Orban o ad Hamas ?
Perché dal sondaggio condotto dall’Istituto JPR (Jewish Policy Research) risulta che la maggior parte degli ebrei residenti in Italia si sente minacciata a motivo della propria identità etnica e religiosa?
Vedremo cosa accadrà oggi in Italia e nel mondo quando verificheremo quanto e se sia in attivo il bilancio del superamento del millenario antisemitismo italiano ed europeo. Chi scrive qualche dubbio in proposito lo nutre, avendo assistito, allibito al risorgere dell’antisemitismo perfino nelle prestigiose università della Ivy League.
Un ricordo personale
Ottobre 1981. Una Renault-4 spartana di colore blu oceano ma impolverata dalle strade di mezza Europa, percorre le strade della Germania Ovest. Il Muro c’è da venti anni e nessuno può immaginarne il crollo che lo avrebbe interessato otto anni dopo.
Una potente autoradio Autovox (estraibile) sicuramente sovradimensionata rispetto alla vettura che la ospita, alterna il brano del 1970 “Bridge over troubled water” di Paul Simon e Art Garfunkel – che poche settimane prima avevano tenuto il loro più famoso concerto al Central Park con oltre cinquecentomila spettatori – al racconto del mondo: il tre di luglio era stata diffusa la notizia di un raro cancro dalle caratteristiche sconosciute che sembrava colpisse soltanto le persone omosessuali, era iniziata l’era dell’ AIDS; Il 29 luglio con una cerimonia da favola nella Cattedrale di St. Paul era stato celebrato il matrimonio del secolo tra Charles Philip Arthur George Mountbatten-Windsor, principe di Galles e Diana Spencer.
Il primo settembre IBM aveva presentato il primo personal computer; il 6 ottobre il presidente egiziano Anwar Al-Sadat, ritenuto reo di aver siglato gli accordi di Camp David con Menachem Begin sotto l’egida di Jimmy Carter e che avevano fruttato ad entrambi il Premio Nobel per la Pace nel 1978, era stato ucciso durante un attentato di matrice fondamentalista dopo il quale sarebbe andato al potere Hosni Mubarak, il faraone che avrebbe regnato per ventisei anni.
In Italia il mostro di Firenze aveva straziato il 6 giugno la terza duplice coppia e il 22 la quarta, mentre la Polizia brancolava nel buio di uno tra i tanti misteri della profonda provincia italiana, destinato a rimanere tale. A Palazzo Chigi, Giovanni Spadolini da meno di tre mesi al suo primo governo pentapartito con 262 deputati democristiani su 375 e 138 senatori del medesimo partito su 315. PCI e Movimento sociale all’opposizione. Sarebbe durato 421 giorni. Presidente della Repubblica, il socialista ed ex partigiano Sandro Pertini che aveva fustigato i corpi dello Stato per le responsabilità nel terremoto dell’Irpinia l’anno precedente e commosso in giugno l’Italia sporgendosi sul bordo del pozzo di Vermicino nella cui profondità si spegneva lentamente Alfredino Rampi.
L’eco di quegli eventi raggiungeva i due passeggeri della R-4, poco più che ventenni, in vagabondaggio nuziale da due mesi nell’Europa occidentale e ora sulle strade della Baviera in direzione del castello di Herrenchiemsee, forse il più eccentrico tra quelli voluti da Ludwig II.
All’uscita da Monaco, un cartello indicava la direzione verso la cittadina di Dachau, tra le tante dell’area meridionale del Land, una ventina di chilometri. Nessun riferimento ad altro, ma il nome suscitò subito ricordi di studi ancora freschi poi diventati professione e ragione di vita.
Eravamo ancora sotto l’emozione della visita, giorni prima, alla casa di Anna Frank ad Amsterdam; ci guardammo senza parlare e seguendo la fidata mappa stradale della Michelin, raggiungemmo presto il centro città e subito dopo il sito del campo di concentramento entrato in funzione già nel 1933 per gli oppositori politici e poi per gli ebrei; fu usato a pieno ritmo fino al 29 aprile del 1945 quando, a differenza di altri campi lasciati ai pochi stremati superstiti, le ultime SS provarono a resistere ai soldati americani. Fu il primo lager su cui campeggiò per la prima volta la tremenda frase Arbeit macht frei tratta dal titolo del romanzo morale di Lorenz Diefenbach del 1874 che narra di come il lavoro possa riscattare i peggiori criminali. La frase, somma di tutte le menzogne del nazismo, fu poi utilizzata come beffardo e tragico benvenuto in tutti gli altri campi.
In quegli anni le visite al campo di Dachau erano rare, per lo più ex reclusi con le famiglie. Nessun turista niente ricostruzioni grafiche o proiezioni di filmati d’epoca. Solo un grande spazio spianato dove erano state mantenute poche strutture: un paio di dormitori, la caserma delle SS e i forni crematori a celle singole, con chiavistello. Delle baracche restava sul terreno il segno del perimetro.
Intorno, un grande silenzio; su tutto, un cielo caliginoso e – così assicurò il guardiano – perennemente grigio anche nelle giornate estive che in Germania regalano spesso cieli limpidi e intensamente azzurri. Come se perfino il sole avesse vergogna di mostrarsi in quel luogo di morte. Restammo alcune ore e non riuscimmo a scambiarci alcuna parola. Nella sala dei forni lei pianse ed io riuscii a nascondere l’emozione nella folta barba ma non il tremore delle mani che in più occasioni rese mosse le diapositive che ancora oggi, di tanto in tanto, rivedo. Saremmo tornati in Germania e in Austria quasi ogni anno ma in qualunque regione ci trovassimo per vacanze o per lavoro, il ricordo di Dachau non ci ha mai abbandonato.
Nei mesi successivi quando raccontavamo di quella visita non programmata, qualche amico particolarmente spiritoso ci prese in giro per averla inserita in una luna di miele, ma quando anni dopo mostrammo ai nostri figli adolescenti e che pure ne avevano viste di simili in televisione, le immagini la cui resa precaria mostrava i segni delle emozioni provate, comprendemmo cosa volesse dire tramandare direttamente e in prima persona alle nuove generazioni tutto, anche la memoria dell’orrore di cui erano state toccate con le mani le rovine.
L’ultima tappa, prima della tratta autostradale fino a Palermo, a quell’età ancora sostenibile in un’unica maratona automobilistica, fu Assisi. Pregammo per i tanti eventi che ci avrebbero atteso in quelli che sono ormai quarantatre anni di matrimonio, ma non dimenticammo di ricordare al Santo della pace e della perfetta letizia quei bambini che gli erano volati incontro a migliaia, confusi e impauriti, ancora avvolti dal fumo dei camini.